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Figlia di una vestaglia blu
Fazi editore – collana LE VELE – 2006
Ovunque nei paraggi ci stava una vestaglia blu, non solo a Barberino. E come sciami arrivavano puntuali alle otto di mattina. Ci sono quelle che non ci lavorano più da una vita, ma che mia mamma continua a sentire, ancora amiche: la Simonetta di Castiglione e la Franca di Sant’Agata. Ed ho nominato quelle di sempre, quelle che ricordo.
Figlia di operai, marcata come i jeans Rifle che la sua mamma ha cucito in fabbrica cinque giorni a settimana per più di trent’anni, Simona decide di scrivere una tesi di laurea sui minatori che forano le montagne del Mugello per far passare, come una pallottola, il treno ad alta velocità. L’ingiustizia sui deboli li accomuna: lei è ferita, la sua terra sanguina acqua e quei lavoratori in galleria, lontani da casa, isolati in campi base, soffrono. In questa ricerca fatta di cantieri difficilmente accessibili, tute arancioni che parlano dialetti del sud, polvere da ingoiare, Simona, “la ragazza dei questionari”, incontra volti combattivi e dolenti, colori, parole che le fanno ripensare ossessivamente alla sua giovane e semplice vita, al suo paese e i suoi personaggi, alla sua umile famiglia, ma anche a quel covo di dolore custodito per sua mamma che la spinge a indignarsi e a lottare. In una coscienza che non è solo di classe, ma anche la sua. Tra Ken Loach e Michael Moore, Simona Baldanzi scrive un lungo monologo ossessivo dove tutto sembra scorrere lì, in presa diretta, sotto ai nostri occhi. Un romanzo operaista moderno, una storia di lotta e di fatica, disfatta e resistenza umana, di donne in catena e uomini sottoterra, che nonostante tutto non vogliono farsi “mettere sotto”.
LA FABBRICA
VESTAGLIE BLU A MORIANO